Alla ricerca della perfezione

[Alla ricerca della perfezione _ romanzo cortese-cavalleresco e Chrétien de Troyes]

La concezione della cortesia trovò espressione nel nord della Francia in forze narrative, in particolare nel romanzo-cavalleresco, in lingua d’oil; nel sud invece prevalse in forme liriche, nella poesia dei trovatori, in lingua d’oc.

Il romanzo cortese ha al centro le imprese cavalleresche, ma l’amore, diversamente dalla canzone di gesta, ha un ruolo preponderante → importanza dei personaggi femminili.

Il romanzo è privo di ogni referente storico e tratta materie puramente leggendarie, ha quindi un carattere profano. Nel romanzo i cavalieri partono in cerca di avventure; essa serve al cavaliere solo per provare se stesso, il suo valore, la sua forza nell’esercizio delle armi, la sua lealtà in scontri, duelli, nella liberazione di donzelle in pericolo: è una prova individuale, con lo scopo di perfezionarsi e di auto affermarsi. La pura ricerca casuale di avventura si precisa nel motivo della queste (letto “cheste”), la ricerca di una donna o di un oggetto.
Ci si muove da una società religiosa ad una laica, da una feudale a una comunale.

Romanzo, da "romanz"Il romanzo ha una struttura aperta, in cui le avventure possono susseguirsi e intrecciarsi tra di loro. Lo sviluppo è rapido e dinamico, il romanzo utilizza l’ottonario a rima baciata.

Tutto ciò ci rivela come queste opere siano destinate al diletto, all’intrattenimento di una società elegante e raffinata, la società di corte.
Gli autori dei romanzi cavallereschi sono chierici colti, che vivono nelle corti feudali sotto la protezione dei grandi signori e scrivono per compiacerne i gusti. La lettura poteva essere pubblica, ma poteva essere anche solo mentale, silenziosa, solitaria.

Il termine “romanzo” deriva da romanz, che indicava ogni discorso in lingua volgare, in seguito solo quel particolare tipo di discorso in volgare: la narrazione in versi di argomenti avventurosi ed amorosi.

La materia del romanzo cavalleresco è tratta prevalentemente da antiche leggende bretoni.

Tristano e Isotta

Chrétien de Troyes.

L’autore più significativo del genere del romanzo cavalleresco è Chrétien de Troyes, il quale compose una serie di romanzi dedicati ai cavalieri della Tavola Rotonda (Launcelot, Yvain, Erec e Enide, Cliges, Perceval), in cui ha una parte molto importante l’amore.
I suoi personaggi affrontano straordinarie avventure, in un mondo immaginario e pieno di magie, il superamento di diversi ostacoli che si frappongono al loro perfezionamento o al raggiungimento dell’amore della dama per la quale si sono affrontate le avventure.

Tristano e Isotta è un’altra leggenda bretone non legata alla corte di re Artù.
Un filtro magico lega indissolubilmente Tristano e Isotta. Il conflitto tra lealtà e amore conferma le radici cortesi del racconto: la forza travolgente dell’amore impossibile in vita, si realizza attraverso alla morte dei protagonisti.

“L’onore e la lealtà”

[“L’onore e la lealtà” _ la cavalleria e i suoi ideali]

Nell’XI secolo in Francia era sviluppata la società feudale; il ceto dominante era un’aristocrazia di origine guerriera: principi, conti, baroni avevano avuto i loro possedimenti soprattutto in cambio di servizi militari. Con il passare del tempo, questa aristocrazia, diventò sempre più insufficiente per far fronte alle guerre continue, nacque allora la cavalleria.
I valori feudali e militari sono la prodezza, l’onore, la lealtà e la fedeltà, che costituiscono il patrimonio comune dei cavalieri. Un altro principio fondamentale proposto dalla visione cavalleresca è che la vera nobiltà è quella intima, dell’animo, non quella esteriore, della nascita e del tenore di vita: è la concezione tipica di chi è entrato a far parte di un ceto privilegiato provenendo dal basso e tende ad esaltare le doti della persona al di sopra di quelle ereditarie.
La Chiesa non rinunciò ad esercitare il suo influsso anche su questi ideali, operando una mediazione tra la concezione guerresca e quella cristiana: il cavaliere doveva mettere la sua prodezza al servizio dei deboli e degli oppressi; la guerra non era più l’esercizio brutale della pura forza, ma doveva essere indirizzata alla difesa della vera fede da tutte le insidie che la minacciavano. Nasceva il concetto di guerra santa contro gli infedeli.

Le chansons de geste.
Nelle opere che in Francia vengono scritte tra l’XI e il XIII secolo trattano imprese di guerra e di eroi: le chansons de geste espresse nel volgare parlato nel nord della Francia.
Molte di queste canzoni si incentrano su Carlo Magno e i paladini. La base delle narrazioni è dunque storica, ma non vi è fedeltà alla storia: le vicende del passato sono trasfigurate in una luce leggendaria, ma soprattutto, sulla realtà dell’epoca di Carlo Magno vengono proiettate mentalità e usanze del presente in particolare lo spirito della guerra santa contro gli infedeli.

Questi poemi erano l’autocelebrazione di una casta guerriera che mirava a presentarsi in una luce ideale ed eroica. Le canzoni di gesta costituiscono l’espressione della visione della vita e dei valori della classe feudale e cavalleresca al culmine della sua potenza, ne interpretano la mentalità e i gusti.