La “venustas” come protagonista

[La “venustas” come protagonista _ Leon Battista Alberti]

“Architetto chiamerò colui che con metodo sicuro e perfetto sappia progettare razionalmente e realizzare praticamente opere che nel modo migliore si adattino ai più importanti bisogni dell’uomo”

Leon Battista Alberto, De re aedificatoria, 1485

Santa Maria Novella _ FirenzeAlberti fu una delle principali figure di intellettuale a tutto tondo del Rinascimento italiano: architetto, matematico, teorico dell’arte e autore di fondamentali trattati sulla pittura, sull’architettura e sulla scultura.
Figlio di un mercante fiorentino in esilio, nacque a Genova, studiò lettere, a Padova, e diritto canonico a Bologna, per trasferirsi poi a Roma, dove si avvicinò all’architettura antica. Si occupò di urbanistica, si dedicò al censimento e al restauro di antichi monumenti, si curò del recupero di reperti archeologici, compose prose e poesie.

Nel 1435 Alberti scrisse il De pictura un trattato che si ispira in parte alla monumentale opera enciclopedica di Plinio il Vecchio, rivisitata alla luce delle nuove teorie brunelleschiane. Esso è quindi una prima codificazione teorica e ufficiale della prospettiva matematica.

Verso il 1452 Alberti completò il De re aedificatoria, un trattato di architettura formulato sulla falsariga del De architectura di Vitruvio. L’arte del costruire è studiata in ogni sua parte (morale, civile, politica) alla luce della nuova sensibilità umanistica e con lo sguardo rivolto alla nascente società moderna.

Agli ultimi anni di vita risale il terzo e ultimo trattato, De statua (1464), dedicato alla scultura e al problema delle proporzioni.

Il compito dell’architetto è ricercare la mediocritas, cioè il giusto mezzo, presupposto per la serenità personale secondo gli antichi pensatori, ma anche concetto basilare dell’arte, che deve rifuggire da ogni esagerazione per raggiungere la concinnitas, ossia l’armonia e l’equilibrio, fine ultimo di ogni creazione architettonica. Inoltre, la bellezza è la caratteristica più importante, secondo Alberti, di una costruzione, perché è in grado di preservarla dalle distruzioni causate dall’ignoranza e dalla malevolenza degli uomini.

Una costruzione travagliata

[Una costruzione travagliata _ cupola di S. Maria del Fiore ]

La costruzione del Duomo di Firenze fu iniziata da Arnolfo di Cambio nel 1296 e rimase a lungo interrotta dopo la sua morte nel 1302.
Venne poi realizzata una tribuna ottagonale trilobata, la cui forma richiamava il giglio e si impostarono i piloni che dovevano reggere il tamburo e la cupola.
Le dimensioni colossali, però, e i conseguenti problemi tecnici ed economici ne bloccarono nuovamente la costruzione. Nel 1413 iniziò la realizzazione del tamburo ottagonale, ancora privo di oculi. Proprio per aprire questi ultimi, in modo da dare più luce all’interno, fu interpellato Filippo Brunelleschi.

Nel 1418 venne bandito un concorso per la realizzazione della cupola e l’incarico venne affidato a Brunelleschi, in collaborazione con Ghiberti. Egli risolse anche il problema tecnico delle impalcature, che sarebbero state di tipo aereo, cioè si sarebbero innestate a mano a mano nella cupola stessa senza necessitare di un appoggio da terra.

Nel 1436 erano arrivati alla sommità e, nello stesso anno, la cattedrale venne consacrata da papa Eugenio IV. Mancavano ancora la lanterna e le tribune morte.
La volta interna della cupola fu affrescata da Giorgio Vasari e Federico Zuccari con il Giudizio universale.

Brunelleschi propose una soluzione rivoluzionaria dal punto di vista tecnico, ma esteticamente semplice e in continuità stilistica. La cupola fu costruita in realtà con proporzioni classiche. La struttura è divisa in otto vele da otto costoloni esterni che, per evidenziarli, Brunelleschi li dipinge con il colore bianco, creando un contrasto con il rosso delle tegole.
La cupola venne realizzata con un doppio involucro, costituito da due calotte separate da un’intercapedine.

L’edificio rimanda alla “Gerusalemme Celeste” e, per la sua forma, la cupola richiama inoltre l’incoronazione della Vergine.

Dopo quello di Rubik, arriva il dado di Brunelleschi

[Dopo quello di Rubik, arriva il dado di Brunelleschi _ chiesa di San Lorenzo]

Nel 1914 Brunelleschi fu chiamato a ristrutturare la chiesa di San Lorenzo, appartenente alla famiglia Medici.

La pianta è a croce latina a tre navate, con abside piatta. Le arcate a tutto sesto della navata centrale si ispirano alle basiliche paleocristiane e si rispecchiano in quelle delle cappelle laterali: l’arco, in pietra serena, è l’elemento unificante e genera il ritmo interno dell’edificio. La ripresa della colonna con capitello corinzio è una novità; in più, Brunelleschi interpone tra il capitello e l’imposta dell’arco un elemento che per la sua forma verrà chiamato dado brunelleschiano.
Esso è caratterizzato sui quattro lati da una porzione di trabeazione classica con architrave, fregio e cornice.